Alterazioni patologiche nel sistema nervoso centrale e nell'intestino



La tomografia a contrasto di fase a raggi X si è rivelata una tecnica efficace per indagare l’origine e l’evoluzione della sclerosi multipla e individuare possibili biomarker precoci, secondo una ricerca dell’Istituto di nanotecnologia del Cnr condotta in collaborazione con il Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Genova e altre istituzioni di ricerca internazionali. Lo studio è pubblicato su Communications Physics

Una ricerca dell’Istituto di nanotecnologia (Nanotec) del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma condotta in collaborazione con il Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Genova e altre istituzioni di ricerca internazionali, ha dimostrato che la tomografia a contrasto di fase a raggi X è una tecnica efficace per indagare l’origine e l’evoluzione di patologie neurodegenerative come la sclerosi multipla, e individuare possibili biomarker precoci.

1 dicembre 2022 – I massimi esperti a livello internazionale si confrontano sulle nuove strategie terapeutiche, sui nuovi target, su cure sempre più personalizzate al convegno “Immunotherapy Bridge”, organizzato dall’oncologo dell’Istituto dei tumori di Napoli, Paolo Ascierto e giunto alla dodicesima edizione. E una nuova speranza arriva proprio dal Pascale: presentati dati incoraggianti da due studi che dimostrano l’efficacia di nuovi immunoterapici nel melanoma dell’occhio e in casi in cui finora non veniva praticata l’immunoterapia.

Dal ponte virtuale che unisce il Vesuvio al resto del mondo (da qui il titolo del convegno “Immunotherapy Bridge”), creato dodici anni fa da Paolo Ascierto, oncologo ricercatore dell’Istituto Pascale, parte una nuova speranza per i pazienti del melanoma a cui, fino all’altro ieri, neanche l’immunoterapia veniva vista come un’ancora di salvezza.


Messa a punto dal Bambino Gesù con il MIT di Boston, consentirà di sperimentare la sospensione della terapia antiretrovirale. Ogni anno nel mondo 150.000 nuove infezioni pediatriche.
Una nuova speranza di trattamento per i bambini affetti da HIV arriva dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù alla vigilia della Giornata Mondiale contro l’AIDS. Medici e ricercatori sono riusciti a mettere a punto una nuova procedura in grado di caratterizzare la carica virale residua e la risposta immunitaria protettiva a essa associata presente nei pazienti, individuando quei bambini in cui il residuo virale risulta dormiente e quelli in cui tale residuo comporta, se non adeguatamente trattato, un rischio di recidiva della malattia. I risultati di questa nuova procedura verranno presentati nella prossima edizione della Conference on Retroviruses and Opportunistic Infection, che si terrà a Seattle il prossimo mese di febbraio. Nel corso del 2023 partirà al Bambino Gesù la prima sperimentazione per la sospensione della terapia antiretrovirale nei bambini con riserva virale “dormiente”.


Il nostro cervello, sulla base delle esperienze appena vissute, formula e aggiorna continuamente delle predizioni su quel che avverrà nel nostro immediato futuro e poi ne verifica la congruenza o l’incongruenza con ciò che accade per affinare le previsioni successive. Questa capacità costituisce un vantaggio fondamentale nella nostra interazione quotidiana con l’ambiente che ci circonda. Ma come avviene questo processo?
Il Prof. Fabrizio Doricchi del Dipartimento di Psicologia dell’Università “La Sapienza” di Roma e della Fondazione Santa Lucia IRCCS ha svelato che la regione del cervello nota come giunzione temporo-parietale, svolge un ruolo fondamentale nell’aggiornare e modificare tali predizioni. In uno studio appena pubblicato sull’autorevole rivista Physics of Life Reviews, il Prof. Fabrizio Doricchi e i suoi collaboratori hanno svelato che, in tutti questi compiti, la giunzione temporo-parietale svolge un ruolo “predittivo” e che i due emisferi cerebrali hanno ruoli “predittivi” diversi.

 


A portare a questa ipotesi, uno studio condotto da tre ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicato sulla rivista IBRO Neuroscience Reports, secondo il quale entrambe le patologie sarebbero causate dallo stesso meccanismo neurodegenerativo - che hanno chiamato Neurodegenerative Elderly Syndrome (NES) - e si differenzierebbero in seguito.

Tre ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc) - Daniele Caligiore, Flora Giocondo e Massimo Silvetti - hanno recentemente pubblicato sulla rivista internazionale IBRO Neuroscience Reports un articolo in cui per la prima volta propongono che l’Alzheimer e il Parkinson potrebbero originare dallo stesso meccanismo neurodegenerativo, per poi differenziarsi in seguito, e hanno chiamato tale fenomeno neurodegenerativo “NES-Neurodegenerative Elderly Syndrome” (Sindrome neurodegenerativa dell’anziano). Lo studio ha seguito un approccio interdisciplinare e di sistema per analizzare e sintetizzare in modo originale nell’ipotesi della NES i risultati di diverse ricerche su Alzheimer e Parkinson condotte in ambiti diversi, dalla genetica alla neurofisiologia.


Su "Nature Communications» studio coordinato dalle Università di Padova e di Firenze" ha identificato per la prima volta la correlazione tra il DNA dei microorganismi presenti nell’uomo e stile di vita nelle popolazioni antiche.


Ripercorrere l’evoluzione dello stile di vita dei nostri antenati vissuti nel Sud Italia tra 31.000 e 2.200 a.C attraverso lo studio dei microorganismi presenti all’interno della bocca dell’uomo (microbiota orale), da cui è stato estratto il DNA antico. È il risultato ottenuto dallo studio coordinato dall’Università di Padova, grazie al sostegno del programma STARS, e dall’Università di Firenze, che è stato pubblicato sulla rivista «Nature Communications» in un articolo dal titolo Ancient oral microbiomes support gradual Neolithic dietary shifts towards agriculture.


Indagato da un gruppo internazionale di ricercatori dell’IFOM e dell’Università degli Studi di Milano il ruolo dell’enzima Polimerasi Theta nella farmacoresistenza è stato studiato. Per la particolare funzione di questa molecola i ricercatori hanno coniato il nome di “enzima-filler”, o enzima riempitore. Esso ha infatti la capacità di colmare le lesioni che le terapie hanno provocato al DNA delle cellule tumorali, con la conseguenza di rafforzare tali cellule. I ricercatori hanno altresì individuato un approccio terapeutico potenzialmente efficace per impedire l’azione-filler della Polimerasi Theta e prevenire così l’insorgenza della recidiva. Tale approccio potrebbe essere un’alternativa alle classiche radio- e chemioterapie. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC e dalla Fondazione Regionale Ricerca Biomedica, sono stati pubblicati oggi sulla rivista Molecular Cell.

 

 Un’analisi sierologica, sviluppata dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr e dall’Inmi Lazzaro Spallanzani, rende possibile identificare gli anticorpi neutralizzanti del virus SARS-CoV2 in ambienti di prelievo a bassi livelli di biosicurezza. La tecnologia, descritta su Frontiers in Immunology, potrà essere utilizzata anche nello sviluppo di molecole in grado di inibire l’infezione virale

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, in collaborazione con l’Istituto nazionale per le malattie infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani, ha messo a punto un test per determinare il livello di anticorpi neutralizzanti anti-SARS-CoV-2 nel sangue umano di individui vaccinati o infettati: identificare il livello di tali anticorpi -denominati nAbs- in grado di bloccare lo sviluppo del virus è, infatti, un importante indice predittivo per ciò che concerne la risposta immunitaria in pazienti affetti da Covid-19 e in persone vaccinate.


Uno studio della Statale di Milano ha stabilito la correlazione tra la proteina PCSK9, responsabile della regolazione del colesterolo LDL, con la riduzione dell’età gestazionale e l’aumento del rischio di ricorso al cesareo. La pubblicazione su Environment International ha ricevuto anche il riconoscimento Prix Galien Italian 2022.
L’esposizione alle polveri sottili durante la gravidanza si associa a un aumento dei livelli circolanti di PCSK9, una proteina responsabile della regolazione del colesterolo “cattivo” LDL, determinando una riduzione dell’età gestazionale alla nascita e un aumento del rischio di ricorso al parto cesareo.

 

Uno studio congiunto tra ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Università di Firenze, pubblicato su Nature Communications, rivela che, nella visione periferica dell’occhio, i neuroni della corteccia cerebrale elaborano la visione seguendo delle regole di elaborazione dell’informazione proprie del funzionamento di un computer

 Ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In), in collaborazione con colleghi dell’Università di Firenze, hanno scoperto un nuovo meccanismo che agisce sulle immagini periferiche.

Nel linguaggio comune, l’espressione “guardare con la coda dell’occhio” si riferisce a qualcosa che viene osservato senza guardarlo direttamente: vuol dire guardare di sfuggita, guardare senza farsi vedere. I ricercatori chiamano questo modo di guardare “visione periferica”, ed è noto che essa non garantisce la stessa affidabilità e risoluzione della visione centrale. Per rendersene conto, basta fermare lo sguardo su una parola di un testo scritto: quella su cui si sono posati gli occhi si legge bene, tuttavia le parole adiacenti sono poco distinguibili. La spiegazione di questo fenomeno risiede nel fatto che i recettori retinici non sono distribuiti omogeneamente: essi sono più abbondanti nella zona della retina che intercetta le immagini centrali, mentre sono più radi per le immagini periferiche.

 

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