Gli organi vitali come i muscoli, il cuore e il cervello per funzionare hanno bisogno di proteine, i canali ionici, che regolano il passaggio di ioni come potassio o sodio attraverso la membrana delle cellule grazie a un meccanismo controllato di apertura e chiusura definito “gating”.

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Uno studio coordinato dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino ha dimostrato come la niacina, una forma di vitamina B3, migliori lo stato dei mitocondri, contrasti l'atrofia muscolare e le alterazioni del metabolismo energetico nei pazienti oncologici.
Il gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Fabio Penna del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologichedell’Università di Torino ha appena pubblicato un lavoro scientifico sulla prestigiosa rivista ‘Nature Communications’ (https://rdcu.be/c82wc) in cui si dimostra l’efficacia della niacina, una forma della vitamina B3, nel contrastare la cachessia neoplastica, una sindrome multifattoriale caratterizzata dalla perdita progressiva di massa muscolare, con o senza perdita di massa grassa, di un paziente oncologico.
Sindromi dello spettro autistico nelle donne: dalla ricerca di base un possibile approccio terapeutico
13 Apr 2023 Scritto da Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma; Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio Nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ift).
Uno studio realizzato presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS in collaborazione con l’Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicata su una rivista del gruppo Nature, ha individuato possibili soluzioni terapeutiche per bloccare la manifestazione delle sindromi autistiche nelle donne.
Uno studio realizzato presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS in collaborazione con l’Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ift), ha individuato, in modelli sperimentali, possibili strategie terapeutiche per sindromi autistiche esclusivamente presenti nel genere femminile, che appaiono legate ad anomalie anatomiche e funzionali dell’ippocampo. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica del gruppo Nature Translational Psychiatry, è stata coordinata dalla neurobiologa e ricercatrice del Cnr-Ift Annabella Pignataro, e condotta sotto la supervisione della direttrice del Laboratorio di psicobiologia della Fondazione Santa Lucia, Martine Ammassari-Teule.
Studio Vimm - Università di Padova individua un nuovo gene che regola l'integrità del muscolo scheletrico
06 Apr 2023 Scritto da Università di Padova
Lo studio del gruppo di ricerca guidato da Marco Sandri, Principal Investigator dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) e Professore dell’Università di Padova è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature Communications”.
La perdita di forza è una condizione condivisa da molteplici e frequenti situazioni fisiopatologiche e che impatta fortemente sulla qualità della vita dei soggetti. L’ invecchiamento, l’immobilizzazione, la malnutrizione, le infezioni, i tumori, il diabete e l’obesità, le patologie epatiche, cardiache, renali e polmonari sono tutte condizioni che frequentemente inducono la perdita di massa muscolare - processo noto con il termine di atrofia muscolare - e l’insorgenza di uno stato di debolezza ed affaticamento che causa anche una minore risposta alle terapie. Purtroppo, i meccanismi molecolari che inducono l’atrofia muscolare non sono ancora completamente definiti, e ad oggi non esistono terapie atte a prevenirla o contrastarla.
Un aiuto importante può arrivare dalla ricerca, e in particolare da quella rivolta a conoscere e studiare i geni che hanno un ruolo nella regolazione della massa muscolare, con il fine di identificare nuovi bersagli per future terapie farmacologiche.
Tuttavia, un ostacolo importante a questo tipo di ricerca nasce dall’elevato numero di geni sconosciuti tra quelli che codificano le proteine: dei 20.000 geni conosciuti, più di 5.000 sono infatti inesplorati (i cosiddetti geni oscuri o dark genes).
Bambino Gesù: scoperta una nuova malattia genetica "mascherata" da allergia
05 Apr 2023 Scritto da Ospedale pediatrico Bambino Gesù
Si tratta di una nuova immunodeficienza primitiva. Lo studio multicentrico internazionale è pubblicato sul Journal of Experimental Medicine.
Si presenta come una grave forma di allergia, ma si tratta di una nuova immunodeficienza primitiva su base genetica. La scoperta è stata effettuata da un Consorzio multicentrico di ricercatori internazionali coordinato dal British Columbia Children's Hospital di Vancouver (Canada), di cui fa parte per l'Italia l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il Consorzio è nato dall’esigenza di condividere pazienti con caratteristiche cliniche simili, associate allo stesso difetto genetico. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Experimental Medicine. L’individuazione della malattia e delle sue specifiche cause genetiche ha già consentito di adottare con successo nuove strategie terapeutiche per il trattamento. Ad oggi sono noti circa 20 casi in tutto il mondo.
LO STUDIO
Lo studio multicentrico internazionale che è stato condotto in 16 bambini/giovani adulti con un comune quadro clinico caratterizzato da grave allergia, infezioni ricorrenti, dermatite atopica e asma, ha permesso di identificare mutazioni nel gene STAT6, che svolge un ruolo cruciale nel differenziamento di un tipo di cellule del sistema immunitario, i linfociti T, coinvolti principalmente nella risposta allergica. Nonostante i sintomi principali possano mimare una condizione di grave allergia, l’alterazione del funzionamento di questo gene comporta alterazioni della regolazione del sistema immunitario (immuno-disregolazione). Per arrivare a questi risultati è stato fondamentale il supporto dei progetti a sostegno della ricerca per le Immunodeficienze e la collaborazione del Laboratorio di Genetica Medica dell’Ospedale Bambino Gesù e del Laboratorio di Immunologia Pediatrica dell’Università Tor Vergata. Nello specifico i professionisti del Bambino Gesù, unico centro italiano ad aver partecipato allo studio, si sono occupati del follow-up clinico, della caratterizzazione immunologica di uno dei 16 pazienti che componevano la coorte e degli studi funzionali chiarendone il meccanismo alla base. Il paziente seguito fin dai primi anni di vita ha potuto ricevere una diagnosi definitiva in età adulta.
In tutto il mondo, ad oggi, sono noti appena una ventina di pazienti. La nuova malattia rientra quindi tra quelle ultra-rare. «A volte, i bambini che presentano quadri allergici potrebbero essere affetti da Errore Congenito dell’Immunità su base genetica. – spiega la professoressa Caterina Cancrini, responsabile dell’Unità Clinica e di Ricerca delle Immunodeficienze Primitive afferente all’Unità Operativa Complessa di Immunologia Clinica e Vaccinologia dell’Ospedale – La precocità dell’esordio e/o la gravità di sintomi di immuno-disregolazione (manifestazioni allergiche gravi, ricorrenti e resistenti alla terapia convenzionale) devono suggerire sempre una condizione di Immunodeficienza su base genetica.
LE RICADUTE PRESENTI E FUTURE
Grazie alla comprensione del meccanismo alla base di questa condizione finora sconosciuta, è stato possibile considerare trattamenti alternativi nei pazienti con manifestazioni allergiche gravi, come il Dupilumab, un anticorpo monoclonale che blocca il recettore della citochina IL-4, che risulta aumentata in questi pazienti, già utilizzato con successo nei pazienti con dermatite atopica.
In conclusione l’identificazione delle cause genetiche responsabili di determinati quadri clinici consente una diagnosi precoce che è fondamentale per una presa in carico tempestiva del paziente riducendo drasticamente l’utilizzo di farmaci cortisonici che causano importanti effetti collaterali nel tempo. Inoltre la comprensione del meccanismo alla base dei fenomeni di immuno-disregolazione apre la possibilità di utilizzare terapie personalizzate per i pazienti con forme gravi di allergia.
L’attività fisica è fondamentale per rallentare la degenerazione cognitiva nei cani (e nell’uomo)
04 Apr 2023 Scritto da Università di Bologna
Uno studio sulle performance cognitive e l'attività motoria diurna e notturna di 27 cani anziani mostra come il legame tra movimento, età e memoria di lavoro sia alla base di un sano ed efficace mantenimento cognitivo durante l'invecchiamento
Anche nei cani, così come nell'uomo, l'attività fisica è fondamentale per prevenire o rallentare la degenerazione cognitiva. E la motivazione gioca un ruolo molto importante in questa correlazione. Lo ha mostrato un gruppo internazionale di ricercatori che, in uno studio pubblicato su Scientific Reports, ha valutato le performance cognitive e l'attività motoria diurna e notturna di 27 cani anziani.
Bambino Gesù: asportato un tumore di 2 kg dal fegato di una bimba di 10 mesi e 8 kg di peso
31 Mar 2023 Scritto da Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma
Complesso intervento di oltre 6 ore per rimuovere un grosso amartoma mesenchimale dal fegato di una lattante. La bimba sta bene e ha ripreso a crescere regolarmente
Quando è stata rimossa, la massa tumorale ammontava a quasi 2 kg, circa un quarto del suo peso corporeo: è accaduto a una bimba di 10 mesi e circa 8 kg a cui è stata asportata la maggior parte del fegato a causa di un amartoma mesenchimale. L’intervento è stato eseguito con successo dall’équipe del prof. Marco Spada, responsabile di Chirurgia Epato-Bilio Pancreatica e dei trapianti di fegato e rene dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Oggi la bimba, che ha compiuto un anno da poco, sta bene, si alimenta senza problemi e ha ripreso a crescere regolarmente.
Charme: la molecola che controlla lo sviluppo del cuore
22 Mar 2023 Scritto da Università di Roma La Sapienza
La molecola di RNA è in grado di costruire specifiche reti di interazione per un controllo temporale e spaziale dei processi di formazione del cuore. È quanto dimostrato da un nuovo studio coordinato dal Dipartimento di Biologia e biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza e pubblicato sulla rivista eLife.
Per affrontare la complessità dei processi biologici, le cellule sfruttano molteplici sistemi di regolazione, spesso basati sull'attività di molecole di RNA, come nel caso dei lunghi RNA non codificanti (long non coding RNA, lncRNA) che non producono proteine. Queste molecole sono in grado di costruire specifiche reti di interazione per un controllo temporale e spaziale dei processi biologici.
Dimostrato per la prima volta il legame diretto tra sonno e malattia di Alzheimer: una scarsa qualità del sonno scatena la patologia
10 Mar 2023 Scritto da Università di Torino
La ricerca è stata condotta da medici del Centro di Medicina del sonno dell’ospedale Molinette della Città della Salute e ricercatori dell'Università di Torino.
È stata appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Acta Neuropathologica Communications” (https://doi.org/10.1186/s40478-022-01498-2) la scoperta che per la prima volta dimostra direttamente il legame tra sonno e malattia di Alzheimer. Il lavoro, frutto della collaborazione tra il Centro di Medicina del sonno dell'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (diretto dal professor Alessandro Cicolin) ed il Neuroscience Institute of Cavalieri Ottolenghi (NICO) (professoressa Michela Guglielmotto) entrambi afferenti al Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini” dell’Università di Torino, ha esaminato l’effetto di un sonno disturbato in topi geneticamente predisposti alla deposizione di beta-amiloide.
COVID-19: i cani sono in grado di fiutare la presenza del virus sulle persone
09 Mar 2023 Scritto da Università degli studi di Milano
La ricerca, coordinata dall’Università̀ degli Studi di Milano ha rivelato che i cani, opportunamente addestrati, sono in grado di identificare attraverso l’olfatto la presenza dell’infezione da Sars-Cov2, sia in laboratorio che annusando direttamente le persone. La pubblicazione su Scientific Reports.
I cani domestici possono essere addestrati per rilevare la presenza dell’infezione da Sars-Cov-2 in modo affidabile, sia su campioni biologici e in un ambiente controllato, come il laboratorio, che sul campo, annusando direttamente le persone.
Lo studio è stato coordinato da Mariangela Albertini, docente di Fisiologia Veterinaria presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali della Statale di Milano, assieme alle scienziate Federica Pirrone e Patrizia Piotti, rispettivamente docente e ricercatrice presso lo stesso Dipartimento, e si è avvalso della collaborazione dei tecnici cinofili di Medical Detection Dogs Italy (MDDI). È stato appena pubblicato su Scientific Reports.
“Molti studi scientifici ed esperienze in diverse nazioni hanno dimostrato che il cane addestrato, che non appartiene a una specifica razza, ma che dimostra una buona attitudine a collaborare con il proprietario, è in grado di rilevare la presenza di patologie perché queste lasciano nell’organismo una firma odorosa costituita da molecole dette “composti organici volatili (VOCs)”, afferma la professoressa Albertini.
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