Ambiente

Ambiente (631)

 

Uno studio di prospettiva coordinato dall’Istituto per la bioeconomia del Cnr, pubblicato su Global Change Biology, analizza come l’avvento di una nuova generazione di piante a basso contenuto di Clorofilla potrebbe essere un'arma in più nella lotta al cambiamento climatico, riducendo a parità di produzione l’assorbimento di radiazione solare.

Lo sviluppo delle società umane moderne è sempre stato accompagnato dall'introduzione di nuove piante coltivate. Praticamente tutti gli alimenti di origine vegetale che arrivano sulle nostre tavole provengono da varietà di piante che non esistevano nel passato. La "lunga marcia" per la creazione di nuove piante ha l'età dell'uomo moderno. È passata attraverso la selezione e domesticazione delle piante selvatiche, il miglioramento genetico attraverso incrocio e ibridazione, la mutagenesi (mutazioni genetiche indotte artificialmente in embrioni vegetali) e la transgenesi (trasferimento di geni da una specie all'altra). Oggi la tecnologia utilizzata è il cosiddetto "genome editing", ovvero la manipolazione diretta del codice genetico tesa a modificarne le proprietà. Ma se in passato si è puntato esclusivamente a migliorare le caratteristiche produttive e tecnologiche delle piante, oggi la frontiera si è allargata, includendo in primis la sostenibilità. É infatti urgente selezionare e creare nuove piante che possano contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico cercando di aumentare allo stesso tempo le potenzialità produttive delle varietà attualmente coltivate.


L’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Cnr-Isac) di Bologna ha osservato in Nepal come la formazione di particelle da processi biologici nella troposfera, lo strato dell’atmosfera più vicino alla Terra, possa influenzare il cambiamento climatico locale. I risultati sono pubblicati su Nature Geoscience.


L’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Bologna ha condotto osservazioni in continuo per un decennio presso il Nepal Climate Observatory at Pyramid, a 5.079 m di quota, nei pressi del campo base per la salita sul Monte Everest, dove è possibile studiare la formazione del particolato lontano dalle sorgenti antropiche. I risultati - pubblicati sulla rivista Nature Geoscience – dimostrano che grandi quantità di particelle si formano nelle valli himalayane a partire da precursori gassosi di origine naturale e possono essere trasportate in quota grazie ai sistemi dei venti di valle, fino in alta atmosfera, e possono influenzare il clima agendo come nuclei di condensazione delle nuvole.

 

 

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Diretto dal regista Matteo Rovere (Veloce come il vento, Il primo Re, Romulus) con la casa di produzione Groenlandia e con protagonista l’attrice Greta Scarano (Suburra, La Linea Verticale, Il Nome della Rosa), il video spot di Greenpeace realizzato dall’agenzia creativa DLV BBDO ha lo scopo di denunciare e sensibilizzare il pubblico sul tema dell’inquinamento dei mari e del Pianeta, focalizzandosi sulla presenza di ingredienti in plastica nei più comuni prodotti di make-up come mascara, rossetti, lucidalabbra, fondotinta, ciprie e illuminanti. Insieme al video l’organizzazione ambientalista mette a disposizione di tutte le persone una guida su come riconoscere gli ingredienti in plastica più utilizzati.



Legambiente, Lipu, FAI, Italia Nostra e WWF Italia bocciano il Ddl Piano Casa

La Sardegna è stata la prima regione in Italia a dotarsi di un Piano Paesaggistico ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Ebbene, oggi, il paesaggio sardo, costiero e interno, è sotto attacco. Edificazioni a pioggia e incrementi volumetrici indiscriminati minacciano il territorio regionale e la natura della Sardegna che possiede il più ricco e vario patrimonio di biodiversità in Europa. A prevedere un’indiscriminata colata di cemento è il Ddl “Piano Casa”, proposto dalla Giunta Regionale e che dovrà essere approvato dal Consiglio Regionale entro il 31 dicembre.

Il testo in questione prevede nello specifico l’edificazione a pioggia nelle zone rurali e naturali (anche di pregio), incrementi volumetrici, fino al 50 per cento per le strutture turistico ricettive, lungo la fascia costiera tutelata dal PPR e perfino nei 300 metri dal mare (su quest’ultimi al momento solo i recentissimi annunci a mezzo stampa del Presidente della Regione fanno sperare in un passo indietro), cessione dei crediti e persino riapertura delle lottizzazioni convenzionate in zone F (turistiche), l’utilizzo edilizio residenziale di seminterrati e pilotis, la permanenza in spiaggia di strutture per la balneazione durante tutto l'anno (anche se alterano la bellezza dei luoghi). L’applicazione di tali misure produrrebbe il progressivo degrado paesaggistico ambientale del territorio, l'incremento della pericolosità idrogeologica, la perdita di valore (anche turistico) del territorio costiero ed interno.


Lo studio, a cui hanno partecipato l’Istituto di scienze polari del Cnr e l’Università Ca’ Foscari Venezia, mostra che durante l’ultima era glaciale nel Nord Atlantico le riduzioni di ghiaccio marino si verificarono nell’arco di 250 anni, in concomitanza con eventi di rapido aumento delle temperature. I risultati sono pubblicati su Pnas Gli improvvisi eventi di riscaldamento climatico nell’emisfero Nord, avvenuti durante l’ultima era glaciale, sono stati accompagnati da una egualmente rapida riduzione dell’estensione di ghiaccio marino nel Nord Atlantico. A sostenerlo è un lavoro sul paleoclima pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) e realizzato da un team di ricerca internazionale di cui hanno fatto parte l’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e l’Università Ca’ Foscari Venezia, e coordinato dall’Università di Bergen (Norvegia).

 

L’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19 è ancora protagonista delle nostre vite e anche il Natale che ci aspetta sarà diverso da quelli passati. Come accade ogni anno, però, il WWF Italia propone una rilettura green delle feste natalizie, che permetterà di rispettare le tradizioni, ma con un occhio di riguardo per la tutela dell’ambiente che, mai come in questo momento storico, è indice anche della salute umana.

Ecco i 5 consigli da seguire come una buona stella, per rendere più sostenibili anche i giorni di festa.

 

1) IL BUON MENU
Scegliamo un eco-cenone in famiglia: per realizzarlo esistono piatti della cucina tradizionale italiana, oltre a quelli strettamente vegetariani, perfetti per bilanciare il gusto e il rispetto della natura. Fra questi la ribollita toscana, zuppa di fagioli, tortelli di zucca, carciofi alla romana o fritti, insalata di rinforzo campana. Potete anche preparare ricette green sostituendo, ad esempio, il ragù di carne con verdure o legumi. Per il pesce preferite specie meno conosciute e poco richieste, come il sugarello, il tonnetto allitterato, il tombarello, lo zerro, il muggine, il pesce serra, insieme a molluschi come vongole, cozze e ostriche .
Per non sbagliare a tavola seguite 3 principi fondamentali: prodotti di stagione, locali, zero sprechi di cibo con l’aggiunta della taglia giusta per il pesce! E per approfondire consultate la guida al consumo di pesce sostenibile sul sito pescesostenibile.wwf.it


 

Innovativo progetto scientifico dello scienziato Pierre Thibault recentemente entrato a far parte nell'Ateneo triestino, grazie ad un grant ERC dell'Unione europea.
Nelle minuscole stelle marine che vivono nel mare di Norvegia sono state rinvenute delle spie dei cambiamenti climatici. Sono cambiamenti che avvengono nel loro organismo e che per la prima volta sono stati osservati grazie a quella sorta di potente microscopio che è il sincrotrone "Elettra", nell'ambito di una ricerca condotta dal gruppo scientifico del fisico Pierre Thibault, dell'Università degli studi di Trieste (Dipartimento di Fisica), con Irene Zanette, ricercatrice dell'Università di Southampton che, dal prossimo gennaio, lavorerà proprio alla macchina di luce di sincrotrone "Elettra" di Trieste.

Uno studio dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico e dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale del Cnr mostra come la pandemia e climate change, apparentemente diversi, abbiano invece dinamiche simili. La ricerca, pubblicata su Global Sustainability, analizza le evoluzioni temporali e il rischio dei due fenomeni, permettendo di trarre dalla crisi attuale lezioni importanti per affrontare quelle ipotizzabili nel futuro

L’evoluzione climatica rispetto a quella pandemica può apparire lenta e non così critica e urgente. Ma queste percezioni sono corrette? Confrontando questi due fenomeni emergono analogie inaspettate. È quanto hanno fatto Antonello Pasini e Fulvio Mazzocchi, ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche afferenti rispettivamente all’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Cnr-Iia) e all’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Cnr-Ispc), in uno studio pubblicato come invited paper sulla rivista internazionale Global Sustainability. “L’articolo analizza le evoluzioni temporali della pandemia da Covid-19 e dei cambiamenti climatici e, tramite una semplice equazione, esplora qualitativamente il rischio associato a queste dinamiche”, spiega Pasini del Cnr-Iia. “Ci sono notevoli differenze nei tempi di evoluzione dei due fenomeni (un aspetto che influisce sulla percezione della loro relativa gravità), ma è anche evidente come in entrambi i casi, pur partendo da numeri piccoli, essi registrino una crescita consistente se lasciati evolvere senza agire: rapidissima (esponenziale) nel caso della pandemia, in forte aumento (non lineare) nel caso delle temperature derivanti dallo scenario di emissioni Business As Usual (BAU)”.

 

Uno studio coordinato dall’Istituto per la bioeconomia del Cnr, pubblicato su Urban Forestry & Urban Greening, ha analizzato la percezione degli spazi verdi urbani da parte dei cittadini durante l’isolamento sociale, in cinque paesi europei e Israele. È emerso un cambiamento, soprattutto nel maggior bisogno di stare all’aria aperta che ha fatto comprendere la importanza di queste aree

 

Uno studio europeo cui ha partecipato l’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) ha comparato la frequentazione e la percezione dei cittadini riguardo gli spazi verdi urbani in cinque paesi europei (Italia, Croazia, Lituania, Slovenia e Spagna) e in Israele durante il lockdown per Covid-19, tra il 1 aprile e il 3 maggio 2020. L’indagine, pubblicata su Urban Forestry & Urban Greening, è una delle prime sul ruolo del verde urbano durante l’emergenza ed è stata svolta attraverso un questionario online diffuso attraverso social network e per email.

“Dalle 2.540 risposte è emersa una frequentazione degli spazi verdi differenziata tra i paesi determinata dalle diverse restrizioni sanitarie. Per esempio, Italia e Spagna, i due paesi in quel periodo più colpiti dalla pandemia e con misure di contenimento più stringenti, hanno registrato la più alta percentuale (64%) di rispondenti, che ha smesso di frequentare aree verdi. Chi lo ha fatto, aveva un motivo essenziale come portare fuori il cane o fare esercizio fisico, mentre Croati, Lituani e Sloveni non hanno cambiato sostanzialmente le loro abitudini. Inoltre, le restrizioni sanitarie hanno portato a una maggiore diversificazione della tipologia di spazi verdi frequentati, con la visitazione di giardini e viali alberati (in Italia, Israele e Spagna) piuttosto che dei parchi urbani, limitandosi a visitare aree a breve distanza da casa, mentre in altri paesi è aumentato leggermente l’uso dell’auto per raggiungere aree fuori città, facendo riflettere sulla dicotomia tra necessità di verde ed uso, nel proprio contesto, di mezzi poco ecologici”, spiega Francesca Ugolini, ricercatrice del Cnr-Ibe e prima autrice dello studio.



CON LA VOCE DI GIACOMO FERRARA, IL MONDO DELLA NATURA HA INVIATO UNA LETTERA AGLI ESSERI UMANI: CAMBIARE LE COSE OGGI PER UN FUTURO VIVIBILE DOMANI

 

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Da adesso e per tutto il 2021 comincia un anno cruciale per la lotta alla crisi climatica, con grandi appuntamenti in Italia (COP Giovani e G20) e nel Regno Unito (G7 e COP26). Già domani, 10 dicembre, il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo si riunirà per discutere dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030, come tappa decisiva per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. Nel contempo, è in atto il processo per scegliere dove investire per uscire dall’emergenza Covid ed entrare nell’economia rigenerativa a carbonio zero, unico modo per non condannarci alla crisi perenne.

Il WWF, che nel 2021 si appresta a proporre che l’Italia si doti di una legge quadro sul clima, lancia oggi la campagna #CARIUMANI, in cui il mondo della natura parla direttamente all’uomo per mezzo della voce e del volto dell’attore Giacomo Ferrara, per muovere le persone a chiedere un impegno reale ed efficace agli Stati Membri dell’UE che si riuniranno domani.
Gli scienziati sono concordi nel confermare che quasi l’86% del carbonio che viene liberato in atmosfera (circa 36,7 GtCO2) è provocato dai processi di combustione dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas).
Nel 2019 la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto le 410 parti per milione. L'ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione paragonabile di CO2 è stata 3-5 milioni di anni fa, quando la temperatura era più calda di 2-3°C e il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso.
La soglia globale di 400 parti per milione era stata superata nel 2015. E solo quattro anni dopo, abbiamo superato le 410 ppm. Un tale tasso di incremento non si era mai visto nella storia dei nostri record.

 

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