Una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca ha dimostrato che nel cervello le aree corticali somatosensoriali e motorie (ovvero quelle aree della corteccia cerebrale che vengono tipicamente attivate dalla sensazione tattile o dal movimento di una parte del corpo) vengono attivate anche da emozioni soggettive. La natura delle emozioni si può quindi considerare fortemente “corporea”.

Lo studio, dal titolo “Mapping the Emotional Homunculus with fMRI” (“Mappare l’’Homunculus” emotivo tramite Risonanza Magnetica Funzionale”), è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica iScience.


Uno studio internazionale pubblicato su Nature Genetics, a cui hanno collaborato ricercatori delll’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e dell’Università Statale di Milano, identifica una mutazione del gene RAB32. I risultati dello studio contribuiscono a spiegare le cause genetiche e i meccanismi patogenetici della malattia e di esplorare nuovi percorsi biologici e potenziali target terapeutici.
Uno studio internazionale coordinato dall’Università del Massachusetts ha scoperto un nuovo gene associato alla malattia di Parkinson. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Genetics, ha sequenziato l’esoma (la regione codificante del genoma) di più di 2.000 pazienti affetti da malattia di Parkinson famigliare, confrontandolo con quelli di quasi 70.000 soggetti sani. In questo modo è stato possibile identificare una mutazione del gene RAB32 nello 0.7% dei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Allo studio hanno partecipato anche ricercatori dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e dell’Università degli Studi di Milano.


Team di ricerca guidato da Padova identifica nuova terapia anti-invecchiamento Pubblicato su «Nature Aging» uno studio condotto da un gruppo di scienziati che hanno identificato un prodotto naturale senoterapico che promuove la durata della vita e la salute.
Un gruppo di scienziati dell'Università di Padova e dell'Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM), in collaborazione con l'Istituto di Ricerca Oncologica (IOR, affiliato all'USI e membro di Bios+) ha fatto una scoperta significativa, identificando una nuova terapia anti-invecchiamento. Lo studio è pubblicato sulla prestigiosa rivista «Nature Aging».


Il contesto
L'invecchiamento è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di numerose malattie neurodegenerative, muscolari, metaboliche e tumorali. Piuttosto che trattare le singole patologie o i loro sintomi, è
emerso un nuovo paradigma che mira a colpire direttamente le cause dell'invecchiamento, a livello cellulare e molecolare. Tra i possibili approcci terapeutici vi è quello di colpire in modo specifico le cellule senescenti.

 


Team internazionale di ricerca guidato da Padova individua ruolo del fegato nelle microtrombosi letali.
La prima ondata pandemica dell'infezione da sindrome respiratoria acuta grave da betacoronavirus-2 (severe acute respiratory syndrome betacoronavirus-2, SARS-CoV2) aveva colto impreparati i sistemi sanitari occidentali, causando un numero elevato di pazienti gravemente malati con una mortalità rilevante in tutto il mondo, superando i 7 milioni di morti, congiuntamente ad un enorme disagio sociale ed economico. Uno studio, coordinato dall’Università di Padova, e condotto da un team interdisciplinare di ricercatori delle Università di Yale (USA) e Birmingham (UK), e le Aziende Ospedaliero-Universitarie di Padova, Papa Giovanni XXIII (Bergamo), ASST Bergamo Est Seriate, e Fatebenefratelli Sacco (Milano), avvalendosi di un'ampia serie di materiali autoptici, ha fatto luce sui meccanismi della microtrombosi e sulla rilevanza della patologia epatica nelle forme letali di COVID-19.

I "frutti della passione" al microscopio elettronico

 

 

Si chiamano "frutti della passione" ma non si trovano sul banco ortofrutticolo e con il frutto esotico condividono solo la forma e certamente non le dimensioni. Infatti, sono capsule di vetro nanometriche (un milionesimo di millimetro di lunghezza!) contenenti semi di oro ancora più piccoli.
I ricercatori dell'Università di Genova e dell'Istituto Italiano di Tecnologia ne hanno dimostrato l’efficacia in studi preclinici in accompagnamento alla radioterapia per i tumori della testa e del collo HPV positivi.

 Valerio Voliani, ricercatore dell'Università di Genova e dell'Istituto Italiano di Tecnologia, le ha sviluppate grazie a un MFAG (My First AIRC Grant), finanziamento quinquennale di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, e le ha battezzate con questo nome proprio per la loro struttura e per celebrare la passione per la scienza che muove i ricercatori.


Un’indagine guidata da studiosi dell'Università di Bologna ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola l'imitazione automatica: un comportamento alla base di molte interazioni sociali complesse. I risultati potrebbero portare ad applicazioni terapeutiche per pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità.

Un team interazionale di ricerca guidato da studiosi dell'Università di Bologna ha indagato i meccanismi neurali alla base del comportamento imitativo: un fenomeno che facilita l'interazione e la coesione sociale e permette alle persone di sintonizzarsi inconsciamente con gli altri.
Lo studio - pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) - ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola questo comportamento, aprendo così nuove prospettive per applicazioni cliniche e terapeutiche. "I risultati che abbiamo ottenuto aprono nuove strade per comprendere come la plasticità cerebrale può essere manipolata per aumentare o ridurre comportamenti imitativi e rendere le persone meno sensibili alle interferenze durante l'esecuzione di compiti", spiega Alessio Avenanti, professore al Dipartimento di Psicologia "Renzo Canestrari" dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. “Da qui potrebbero quindi nascere applicazioni terapeutiche per migliorare la prestazione cognitiva in pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità". 


Una ricerca coordinata dalla Sapienza e dalla Fondazione Santa Lucia ha dimostrato che la mancanza della vitamina B6 è in grado di trasformare i tumori benigni in forme più aggressive. La comprensione di questo fenomeno, descritto in un articolo pubblicato su Cell Death & Disease e indagato sperimentalmente sul moscerino della frutta è utile per chiarire i legami presenti tra carenza di micronutrienti e comparsa di tumori.
La carenza di vitamina B6 è correlata all’insorgenza di tumori maligni secondo una nuova ricerca dei Dipartimenti di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin e di Scienze Biochimiche Alessandro Rossi Fanelli della Sapienza e del Laboratorio di Neurobiologia Cellulare della Fondazione Santa Lucia di Roma. Lo studio, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista Cell Death & Disease, ha chiarito i meccanismi alla base di questo legame effettuando per la prima volta esperimenti in vivo su esemplari di Drosophila melanogaster, il comune moscerino della frutta. In particolare, questa ricerca ha dimostrato che la deficienza della vitamina B6 è in grado di trasformare tumori benigni che esprimono l’oncogene RasV12 (un gene legato alla formazione di neoplasie) in forme più aggressive che producono metastasi.


Su «Journal of Clinical Investigation» team di ricerca internazionale guidato da Padovascopre il ruolo del gene Mytho sulla qualità della vita.


Un gruppo di ricercatori diretto dal prof. Marco Sandri, docente del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e Principal Investigator dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) ha identificato e caratterizzato un nuovo gene che controlla l’invecchiamento cellulare e la longevità.
L’identificazione di questo nuovo gene, condotto in collaborazione con la prof.ssa Eva Trevisson, genetista del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino dell’Università di Padova, è frutto di un lavoro di nove anni che ha visto coinvolti diversi ricercatori di fama internazionale appartenenti a prestigiosi istituti di ricerca nazionali ed internazionali, ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista medica di ricerca traslazionale “Journal of Clinical Investigation”. Lo studio è stato in parte finanziato da una azione del PNRR nel partenariato sull’invecchiamento, chiamato AGE-IT “Ageing Well in an Ageing Society”, che ha permesso la creazione di una rete nazionale di ricercatori che studiano questo processo biologico.


Un nuovo studio coordinato dalla Sapienza e dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma e pubblicato su Nature Communications ha individuato in un farmaco impiegato in terapie sperimentali contro il cancro un possibile approccio terapeutico per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA)
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa causata dalla progressiva perdita di motoneuroni, le cellule predisposte al controllo dei movimenti volontari dei muscoli. A oggi non esiste una cura efficace per questa rara patologia.

In un recente studio coordinato dalla Sapienza e dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Roma, pubblicato sulla rivista Nature Communications e finanziato da un progetto ERC-Synergy, è stato scoperto che un farmaco già impiegato in terapie sperimentali contro il cancro potrebbe avere effetti benefici anche sulla SLA, aprendo nuove importanti prospettive terapeutiche.


Team padovano multidisciplinare scopre il ruolo delle connessioni cerebrali .nella crescita del tumore.
Nonostante tutti gli sforzi della ricerca, i tumori cerebrali sono rimasti gli unici a non aver presentato progressi significativi negli ultimi 30 anni. Perché? A questa domanda ha provato a dare una risposta un team multidisciplinare diretto dal prof. Maurizio Corbetta (del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e Principal Investigator del VIMM) e composto interamente da ricercatori dell’Università di Padova: Alessandro Salvalaggio (neurologo), Lorenzo Pini (psicologo) e Alessandra Bertoldo (ingegnere). «Il limite principale dell’approccio tenuto finora è quello di considerare i gliomi (tumori cerebrali) come un qualsiasi altro tumore di qualsiasi altro organo – spiegano gli autori –. Invece, e qui la novità, la crescita di un tumore cerebrale è in parte determinata e regolata dall’attività stessa del cervello».

 

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