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La ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista “Basic & Applied Ecology” rivela l’esistenza di strategie bene precise per attirare gli impollinatori, specialistiche o generaliste


Non solo forme e colori, fiori e insetti “comunicano” anche attraverso il profumo secondo strategie ben precise, specializzate o generaliste o. In pratica, quanto più i profumi sono semplici e costituiti da poche componenti aromatiche quanto più sono rivolti ad una determinata categoria di impollinatori, se invece la fragranza dei fiori ha un bouquet più complesso il messaggio olfattivo attirerà indistintamente una vasta gamma di insetti.
La scoperta di questo linguaggio dei fiori arriva da uno studio realizzato all’Università di Pisa e pubblicato in un articolo sulla rivista “Basic & Applied Ecology”. I ricercatori dei dipartimenti di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali e di Farmacia hanno condotto la sperimentazione su quindici specie di fiori spontanei - fra cui fiordaliso, gittaione, speronella, nigella, garofanino selvatico - e i relativi impollinatori, come api, bombi, ditteri e farfalle.



Intanto da Policoro avvistata la tartaruga Alessandra, liberata il 18 maggio con tag satellitare

 Qui per seguire il viaggio della tartaruga Alessandra >>

Non c’era miglior modo per celebrare, oggi 8 luglio, la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo: quattro nuovi nidi di tartaruga marina sono stati scoperti nella notte e nella mattinata di oggi in Sicilia e Calabria, e messi in sicurezza e dai volontari del WWF. Il primo grazie a un gruppo di amici e da un “cerca oggetti” impegnato con il metal detector che hanno visto la tartaruga uscire più volte nel lido san Lorenzo (probabilmente all’inizio disturbata) fino alla deposizione. I ragazzi si sono immediatamente messi in contatto con la biologa marina, volontaria WWF e operatrice Euroturtles Oleana Prato, che, giunta sul posto , ha verificato la presenza delle uova e messo in sicurezza il nido.



Le aziende utilizzano plastica liquida, semisolida o solubile tra gli ingredienti dei detergenti per bucato, superfici e stoviglie presenti sul mercato italiano e l’uso di tali sostanze, ad oggi non regolamentato, ne determina il rilascio nell’ambiente e nel mare. Lo rivela il nuovo rapporto di Greenpeace ”Plastica liquida: l’ultimo trucco per avvelenare il nostro mare” elaborato grazie a indagini online, consultando le pagine web ufficiali delle principali aziende di detergenti in Italia, e di laboratorio per verificare la presenza di materie plastiche in forma solida inferiori ai 5 millimetri, le cosiddette microplastiche.

Le aziende, interpellate da Greenpeace, hanno confermato l’uso di plastiche come ingredienti dei detergenti e la maggior parte è in formato liquido, semisolido o solubile anziché solido come peraltro evidenziato dall’indagine dell’organizzazione ambientalista. Infatti, dei 1.819 prodotti controllati sul web 427 (23 per cento del totale) contengono almeno un ingrediente in plastica e le aziende con una percentuale maggiore di prodotti con plastica sono: Procter & Gamble (53 per cento con prodotti a marchio Dash, Lenor e Viakal), Colgate-Palmolive (48% con prodotti a marchio Fabuloso, Ajax e Soflan) e Realchimica (41% con prodotti a marchio Chanteclair, Vert di Chanteclair e Quasar). Le analisi di laboratorio, il cui scopo era verificare la presenza di particelle solide inferiori ai 5 millimetri, hanno evidenziato che dei 31 presi in esame solo in due erano presenti: Omino bianco detersivo lavatrice color + dell’azienda Bolton e Spuma di Sciampagna Bucato Classico Marsiglia dell’azienda Italsilva.



WWF e Intesa Sanpaolo hanno avviato una sinergia per aiutare l’ambiente. All'interno di questo percorso, che si integra nella strategia di supporto al terzo settore dell’azienda, è nato il progetto “Diamo una casa alle api" per sostenere la salvaguardia degli impollinatori, indispensabili per la vita sulla Terra.
Attraverso For Funding, la piattaforma di crowdfunding creata da Intesa Sanpaolo per mettere insieme persone e organizzazioni che propongono progetti concreti per costruire un futuro migliore, sarà possibile sostenere il lavoro del WWF per fare in modo che nel nostro futuro continuino ad esserci le api e tutti gli altri impollinatori, un tassello fondamentale della nostra sicurezza alimentare. Inoltre, Intesa Sanpaolo contribuirà in prima persona al progetto con una donazione per ogni mutuo Green e per ogni prestito Green erogato.



C’è un momento dell’anno che segna il limite oltre il quale i consumatori europei terminano ‘virtualmente’ il consumo di pesce pescato nei mari della regione e iniziano a utilizzare quello d’importazione fuori continente. Questo limite, che nel 2020 si colloca nel mese di luglio, negli ultimi tre decenni è stato anticipato di anno in anno, un segnale dell’impoverimento progressivo delle risorse e connesso alla crisi globale della pesca.
Quindi, virtualmente, anche in Italia, da questo momento fino alla fine dell’anno consumeremo solo pesce importato. A lanciare l’allarme è il WWF, sottolineando il drammatico stato in cui versano gli oceani e il nostro Mar Mediterraneo: il mese di luglio diventa quindi un momento clou per invitare tutti i consumatori, soprattutto i più giovani, a diventare responsabili e informati e con le loro scelte, riducendo così il proprio impatto sugli ecosistemi.

LUGLIO: GIRO DI BOA PER IL CONSUMO DI PESCE
Dal mese di luglio l’Europa ha esaurito l’equivalente della propria produzione annua interna di pesce, molluschi e crostacei. Se nei primi 6 mesi dell’anno avessimo consumato solo risorse dei nostri mari, da luglio in poi esse non sarebbero più disponibili e l’Europa dovrebbe ricorrere alle importazioni per sostenere la crescente richiesta dei consumatori. La domanda europea di prodotti ittici è infatti troppo alta: se un consumatore europeo consuma in media circa 23 kg di pesce l’anno, i consumatori italiani sono ancora più appassionati di questo alimento, con i loro 29 kg di pesce pro capite l’anno. L’Italia infatti, ha esaurito l'equivalente della propria produzione annua ad aprile di quest’anno.


CRISI DELLA PESCA: UN PROBLEMA GLOBALE
In questi ultimi vent’anni il problema globale della sovrapesca è aumentato drammaticamente. In più, la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, amplifica ulteriormente la pressione sugli stock ittici. Gli oceani e lo stesso Mediterraneo non sono in grado di sostenere i livelli di questa domanda tanto che il 78% degli stock ittici monitorati nel Mediterraneo risulta sfruttato al di sopra della loro capacità di rigenerarsi, mentre a livello globale sono circa il 33% gli stock ittici monitorati che risultano sovrasfruttati. Se non riusciremo a invertire questo trend, il rischio sempre più probabile è di andare verso il collasso degli stock ittici ossia la pressoché completa sparizione di alcune specie. Tutti i consumatori hanno il compito e la possibilità di fare la loro parte per contribuire alla tutela del Mediterraneo e degli oceani. Non è necessario un grosso impegno né grandi conoscenze: è sufficiente imparare a conoscere e applicare piccoli e semplici criteri di consumo per la salvaguardia degli ecosistemi e delle generazioni che verranno dopo di noi. Per questo motivo il WWF lancia una campagna social di sensibilizzazione ai consumatori, con l’obiettivo di raccontare, in tono positivo e leggero, una problematica seria che necessità soluzioni urgenti.


UNA GUIDA PER CONSUMARE... MEGLIO
Nell’ambito del progetto Fish Forward, co-finanziato dell’Unione Europea, il WWF ha realizzato una guida online al consumo sostenibile che racconta quali sono i piccoli gesti responsabili che possiamo adottare negli acquisti di tutti i giorni, per dare il nostro importante contributo alla salvaguardia degli oceani e del Mediterraneo. Qualche esempio? Privilegiare specie poco comuni e preferibilmente locali, al posto del consumo delle specie più diffuse; utilizzare le etichette come fonte di informazioni utili nella scelta del pesce più sostenibile, evitare di acquistare esemplari troppo giovani, imparando a rispettare le taglie minime di ogni specie.
La campagna social che il WWF lancia oggi su Twitter e Instagram fornirà consigli utili per un consumo responsabile e coinvolgerà il pubblico dei giovani perché si sentano coinvolti nelle tematiche che chiamano in causa il futuro dei nostri oceani.

"In Italia non siamo consapevoli della nostra stretta dipendenza dalle importazioni di prodotti ittici, in particolar modo di quanto incidano quelle provenienti dai paesi in via di sviluppo. Gli oceani di tutto il mondo sono sovrasfruttati. Basti pensare che circa il 33% degli stock ittici globali è sovrapescato mentre il 60% viene sfruttato al massimo delle proprie capacità”, è l’allarme lanciato da Eva Alessi, responsabile del progetto Fish Forward e responsabile dei consumi sostenibili di WWF Italia.


"Stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza delle risorse naturali marine e con loro tutte le comunità che vivono di pesca come fonte di cibo e di reddito, dai villaggi del Mediterraneo fino agli arcipelaghi indonesiani. Si tratta di circa 800 milioni di persone. Mai come oggi è stato di così vitale importanza mettere in atto comportamenti sostenibili per la salvaguardia degli ecosistemi marini. Il WWF è impegnato a favore di una pesca sostenibile a 360 gradi, con i pescatori locali affinché pratichino attività di pesca sostenibili in termini ecologici e socio-economici, con il coinvolgimento attivo delle aziende del settore perché si impegnino nella trasformazione delle proprie attività di approvvigionamento, e con i consumatori perché sia in grado di adottare comportamenti responsabili. É nostro dovere trattare gli oceani con più attenzione se vogliamo che la vita marina torni a prosperare e che il pesce continui a nutrire noi e le generazioni future”, conclude Eva Alessi.

Una serie di fragranze e idrocarburi policiclici aromatici derivati da prodotti per la cura personale di largo consumo presenti in una carota di ghiaccio campionata sull’altura caucasica, è stata quantificata dai ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Cnr e dell’Università Ca’ Foscari Venezia: i profili di concentrazione misurati dagli anni ’30 del 1900 fino al 2005 seguono lo stesso trend degli idrocarburi policilici aromatici (PAHs) prodotti della combustione e delle attività industriali, con un aumento ben visibile a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, coincidente con l’inizio della “Grande accelerazione”. I risultati sono pubblicati su Scientific Reports

I cambiamenti climatici e del territorio provocati dall’impatto umano sulla Terra segnano l’inizio di una nuova era geologica, l’Antropocene. Le tracce delle attività antropiche, come i residui di materiali plastici e di inquinanti organici e inorganici, sono presenti in quasi ogni angolo del Pianeta, anche nelle aree più remote. La criosfera, in particolare, è un “archivio” importante per i composti di origine antropogenica, perché gli aereosol e le molecole trasportati dall’atmosfera vengono preservati dalle deposizioni nevose, accumulatesi nel corso degli anni.



Non solo Oceani, dove la plastica è presente nel 70% al 90% dei rifiuti in mare: la firma ‘indelebile’ di questo materiale, che ci accompagna massivamente dagli anni ’50, è stata trovata persino nelle rocce come elemento stratigrafico distintivo di un’epoca geologica che ormai viene definita Antropocene.
Lo denuncia il WWF nella seconda puntata del suo report “Plastica-una storia infinita”, lanciata nell’ambito della campagna GenerAzioneMare e che marcherà settimanalmente questo argomento anche con eventi di pulizia sul territorio.

Nel report si segnala un recente studio[1] che dimostra come i processi geologici abbiano iniziato a incorporare in rocce litoranee la plastica finita in mare: la presenza della plastica è evidente nei depositi terrestri, e sta diventando tale anche nei depositi sedimentari marini sia di acque profonde che poco profonde. Lo studio ci dice quindi che la plastica è ormai diventata un ‘tecnofossile’ ed è destinata a restare negli strati geologici al pari di ciò che oggi osserviamo nei sedimenti come testimonianza delle ere passate, dalle ammoniti ai resti di mammut.

Oggi il WWF Italia ha inviato una diffida formale al Presidente della Provincia Autonoma di Trento (PAT), Maurizio Fugatti, chiedendo la revoca dell’ordinanza “intervento di monitoraggio, identificazione e rimozione di un orso pericoloso per l’incolumità e la sicurezza pubblica” del 24/06/2020, emessa in seguito al noto episodio dell’incidente avvenuto tra due uomini e un orso sul Monte Peller (TN).

L’Associazione sottolinea come le cause dell’accaduto non siano ancora del tutto chiare, e le informazioni attualmente in possesso delle Autorità non possano ritenersi sufficienti a motivare (dopo il suo riconoscimento e identificazione) l’abbattimento dell’orso, la misura di gestione più estrema prevista dal PACOBACE (Piano d’Azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali).

 

Greenpeace Italia pubblica oggi una nuova inchiesta, “Un santuario di balle”, per fare luce sulle responsabilità del rilascio in mare di alcune decine di tonnellate di rifiuti in plastica diretti in Bulgaria. Una vicenda accaduta cinque anni fa nel Golfo di Follonica e ancora irrisolta.

Il 23 luglio 2015 una nave cargo salpa da Piombino diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire. A causa di un’avaria, un’ora dopo la partenza il Comandante dà ordine di sversare in mare parte del carico pari a 56 balle. È così che 65 tonnellate di plastica finiscono nelle acque protette del Santuario dei Cetacei. Nessuna autorità marittima è a conoscenza dell’incidente fino al 31 luglio, quando una balla finisce accidentalmente nelle reti di un peschereccio nel Golfo di Follonica. Da qui parte l’inammissibile catena di omissioni, mancanze e negligenze delle istituzioni preposte che, invece di intervenire, si rimpallano ruoli, obblighi e inefficienze.


Nello studio dell’Università di Pisa sulla rivista Mediterranean Marine Science la valutazione dei possibili rischi ambientali; l’ipotesi è che il pesce sia arrivato da laghetto di pesca sportiva per le piene dell’Arno nell’autunno 2019


E’ un grosso esemplare di persico spigola ibrido il pesce alieno individuato per la prima volte fra la foce dell’Arno e la costa di Marina Pisa da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa. L’episodio, accaduto lo scorso dicembre, è stato oggetto di uno studio pubblicato su “Mediterranean Marine Science”, una rivista che a cadenza regolare segnala i nuovi avvistamenti di specie aliene e non indigene nel Mediterraneo per monitorarne l'espansione. Secondo i ricercatori l’esemplare in questione, mezzo metro di lunghezza per 2,7 kg di peso, proverrebbe da un laghetto di pesca sportiva, da cui è probabilmente fuggito durante le piene dell'Arno nell’autunno del 2019. Quello sulle coste pisane sarebbe inoltre il primo avvistamento in un ambiente marino. Il persico spigola ibrido, selezionato per avere pesci più robusti e a crescita più rapida, è infatti un incrocio tra Morone chrysops, una specie tipicamente di acqua dolce, e Morone saxatilis, più legata ad ambienti salmastri.

 

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