La sifilide, Infezione sessualmente trasmissibile (IST) causata dal batterio Treponema pallidum (F.Schaudinn-E.Hoffmann), continua a rappresentare una sfida significativa per la salute pubblica a livello globale. Per decenni, il trattamento standard per la sifilide precoce – che include la sifilide primaria, secondaria e latente precoce – è stato l'iniezione intramuscolare di penicillina G benzatina. La terapia raccomandata prevede una singola dose per la sifilide primaria e secondaria, mentre per la sifilide latente precoce sono spesso prescritte tre dosi, somministrate a distanza di una settimana.

Tuttavia, un recente studio clinico ha sollevato importanti interrogativi su questa pratica. Pubblicato il 3 settembre 2025 su New England Journal of Medicine, lo studio intitolato "One Dose versus Three Doses of Benzathine Penicillin G in Early Syphilis" ha esplorato l'efficacia comparativa di una singola iniezione rispetto al regime di tre dosi nel trattamento della sifilide latente precoce.

Il team di ricerca, con Edward W. Hook III e Jodie A. Dionne, ha condotto uno studio multicentrico, in doppio cieco e randomizzato, su un'ampia coorte di pazienti. L'obiettivo era determinare se il regime a tre dosi offrisse un beneficio clinico superiore rispetto a una singola dose nei pazienti con sifilide latente precoce.



La Chlamydia trachomatis (CT) è un batterio intracellulare che causa una delle infezioni a trasmissione sessuale (IST) più diffuse al mondo. Ciò che la rende pericolosa e la fa rientrare nell'accezione di "epidemia silenziosa" è che la maggior parte delle persone infette non manifesta sintomi evidenti. Questa assenza di segnali d'allarme rende la diagnosi precoce molto difficile e, se non curata in tempo, l'infezione può causare danni permanenti.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno si verificano circa 127 milioni di nuovi casi di infezione da Chlamydia a livello globale, rendendola l'IST batterica più comune. Le conseguenze, se non trattate, possono essere molto serie. Nelle donne, l'infezione può ascendere dalla cervice all'alto tratto genitale, causando la malattia infiammatoria pelvica (PID), che può danneggiare le tube di Falloppio e portare a dolore pelvico cronico, gravidanze ectopiche e infertilità. Negli uomini, può causare uretrite (infiammazione dell'uretra) e, in circa il 10-30% dei casi non trattati, può evolvere in epididimite, un'infiammazione dell'epididimo che, seppur raramente, può portare a problemi di fertilità.

 

 

L'avvento di CRISPR-Cas9 ha rappresentato una delle più grandi rivoluzioni scientifiche del XXI secolo, fornendo ai ricercatori delle "forbici molecolari" per tagliare e modificare il DNA con una facilità prima inimmaginabile. Questa tecnologia ha accelerato la ricerca e ha già portato a terapie approvate, come quella per l'anemia falciforme e la talassemia. Tuttavia, il meccanismo d'azione di CRISPR-Cas9, che si basa su un taglio della doppia elica del DNA, porta con sé un rischio intrinseco: le riparazioni cellulari che ne conseguono possono essere imprecise, portando a inserzioni o delezioni indesiderate (indels) o a modifiche "off-target" in punti inaspettati del genoma. Per la medicina, specialmente per curare malattie ereditarie, serviva qualcosa di più simile a un "bisturi di precisione" che a un'ascia. È da questa esigenza che nasce l'editing genetico di seconda generazione: un insieme di tecnologie più sofisticate, come il base editing e il prime editing, che promettono di correggere le malattie alla radice in modo più sicuro e preciso.

 


Una nuova ricerca condotta dall'Istituto di Neuroscienze NICO ha svelato l'esistenza di una riserva di neuroni immaturi (o "dormienti") nell'amigdala, la parte del cervello che gestisce le emozioni. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos Biology, rivela che questi neuroni non sono presenti in tutte le specie in egual misura, ma sono particolarmente abbondanti nei primati, come l'uomo.

Cervelli grandi e complessi: la strategia evolutiva
Il team, coordinato da Luca Bonfanti, ha studiato i cervelli di otto specie diverse di mammiferi. La scoperta più sorprendente è che, pur non espandendosi in dimensioni come la corteccia, l'amigdala dei primati ha sviluppato un'area specifica, il nucleo basolaterale, che contiene una quantità maggiore di questi neuroni immaturi.


Un team di ricerca internazionale, guidato dall'Università di Padova e dal Cnr-Ibbc, ha sviluppato un nuovo anticorpo sperimentale che offre un doppio beneficio nel trattamento del glioblastoma, il tumore cerebrale più aggressivo.

Pubblicato sulla rivista scientifica «Cell Communication and Signaling», lo studio dimostra che questo anticorpo, chiamato abEC1.1, non solo è efficace nel rallentare la crescita del tumore, ma riduce anche l'iperattività cerebrale che spesso provoca crisi epilettiche nei pazienti.

 

 


In un'era in cui l'Intelligenza Artificiale (AI) sta trasformando ogni aspetto della nostra vita, la sanità non fa eccezione. Un recente studio condotto dall'Università di Göteborg e guidato dal dottor Sam Polesie ha messo in luce un risultato sorprendente: un semplice modello di AI è stato in grado di eguagliare le performance di dermatologi esperti nella valutazione dell'aggressività del carcinoma a cellule squamose, il secondo tumore della pelle più comune in Svezia. Questo progresso suggerisce un futuro in cui l'AI potrebbe diventare uno strumento prezioso per la diagnosi e la gestione dei tumori cutanei.

Il dilemma della diagnosi preoperatoria
Ogni anno, migliaia di persone sviluppano un carcinoma a cellule squamose. Questo tumore, strettamente legato all'esposizione cumulativa ai raggi UV, si manifesta spesso nelle aree del corpo più esposte al sole, come testa e collo. Mentre la diagnosi di per sé è relativamente semplice, la vera sfida risiede nella valutazione preoperatoria del tumore. Determinare la sua aggressività è cruciale per pianificare l'intervento chirurgico, decidere l'ampiezza dei margini di escissione e stabilire le priorità.

 

I Microrganismi Effettivi (EM), sviluppati negli anni ’80 dal prof. Teruo Higa, costituiscono una tecnologia microbiologica basata su un consorzio probiotico anaerobico, capace di rigenerare ambienti biologicamente compromessi. Il presente lavoro analizza la composizione dell’EM-1 (batteri lattici, fotosintetici, lieviti, attinomiceti), illustrandone le percentuali, le proprietà distintive e i meccanismi d’azione attesi nei sistemi naturali e domestici. Viene inoltre riportata una sperimentazione personale pluriennale, condotta in contesti ambientali e su base individuale, che evidenzia una marcata riduzione dei fenomeni degenerativi, un miglioramento della qualità microbiologica e un’azione riequilibrante sui sistemi trattati. I dati osservazionali rafforzano l’ipotesi secondo cui l’introduzione selettiva di microrganismi costruttivi può promuovere effetti rigenerativi sistemici in modo sicuro, sostenibile e replicabile.



Il 10 settembre 2025, il JNCI: Journal of the National Cancer Institute ha pubblicato una ricerca rivoluzionaria che potrebbe cambiare il modo in cui il cancro dell'orofaringe, causato dal Papillomavirus Umano (HPV), viene diagnosticato. Lo studio, condotto da un team di scienziati del Massachusetts Eye and Ear e della Harvard Medical School di Boston, suggerisce che una semplice analisi del sangue potrebbe rilevare questo tumore con anni di anticipo rispetto ai sintomi [1].

La sfida della diagnosi precoce
In Italia, si registrano circa 3.000 nuove diagnosi di tumore dell'orofaringe ogni anno [2]. Attualmente, il tasso di mortalità a cinque anni dalla diagnosi è di circa il 40% [2]. Negli Stati Uniti, questo tumore associato all'HPV (HPV-OPSCC) è la forma di cancro legata a questo virus più comune. Spesso, la malattia viene diagnosticata solo quando è in fase avanzata, a causa della mancanza di test di screening efficaci. Una diagnosi tardiva porta a trattamenti più aggressivi che non solo compromettono la qualità della vita dei pazienti, ma possono anche non riuscire a salvarli dalla morte.

Gardnerella vaginalis

12 Set 2025 Scritto da



Spesso, quando si parla di disturbi intimi femminili, l'attenzione si concentra sulle infezioni da lieviti come la candida. Meno conosciuta è la vaginosi batterica, una condizione che coinvolge un batterio specifico: la Gardnerella vaginalis (H.L. Gardner 1955). La Gardnerella è un batterio anaerobio facoltativo, ciò vuol dire che pur preferendo ambienti con poco o nessun ossigeno, ha la capacità di crescere anche in presenza di ossigeno. A differenza di un'infezione classica, la vaginosi è uno squilibrio ecologico, un'alterazione del delicato microbiota vaginale che merita un'analisi più approfondita.

L'ecosistema vaginale: un delicato equilibrio
L'ambiente vaginale ospita una comunità complessa di microrganismi, dominata in condizioni di salute da batteri utili del genere Lactobacillus. Questi batteri sono i guardiani dell'ecosistema: producono acido lattico, mantenendo il pH vaginale acido (generalmente tra 3,8 e 4,5), un ambiente che inibisce la crescita di patogeni indesiderati. La Gardnerella vaginalis fa parte di questa flora, ma la sua presenza è solitamente mantenuta sotto controllo dall’acidità vaginale.
Quando l'equilibrio si rompe, il pH si alza raggiungendo valori eguali o superiori a 5 (diventando meno acido) e i lattobacilli diminuiscono drasticamente avviene la proliferazione della Gardnerella e di altri batteri anaerobi (che vivono in assenza di ossigeno) come Mycoplasma hominis e Prevotella. L'aumento esponenziale di questi microrganismi è il cuore della vaginosi batterica.


Una collaborazione scientifica tra l'Università di Colonia e l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha portato a una scoperta fondamentale nel campo delle malattie autoinfiammatorie, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature. Lo studio ha individuato il meccanismo che scatena una grave malattia genetica rara nei bambini, la SAVI (vasculopatia associata a STING con esordio infantile), offrendo nuove speranze per terapie future.

Il ruolo cruciale della proteina STING
Il sistema immunitario, che normalmente ci protegge, in alcuni casi si rivolta contro l'organismo scatenando una forte infiammazione. I ricercatori hanno scoperto che la proteina STING, una sorta di "sensore" immunitario, non solo rileva minacce come infezioni, ma può anche innescare la necroptosi, un tipo di morte cellulare programmata.

 

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