"Il cambiamento climatico sta accelerando più velocemente del previsto e il rischio all’interno delle aree protette europee è alto tanto quanto al di fuori di esse, se non di più – spiega Moreno Di Marco, autore senior dello studio e responsabile del laboratorio Biodiversity & Global Change di Sapienza – In questo contesto, conoscere le aree più vulnerabili è essenziale per guidare sforzi di conservazione che includano misure di adattamento climatico, tra cui l'aumento della connettività ecologica e gli interventi di restauro ambientale nell’ambito della recente Legge sul Ripristino della Natura."
La ricerca, utilizzando i modelli più aggiornati attualmente disponibili, evidenzia che i cambiamenti climatici non sono stati adeguatamente considerati nella progettazione della rete di aree protette esistenti, mettendone a rischio l’efficacia come rifugi per la biodiversità nel medio-lungo termine.
"Questo lavoro – spiega Marta Cimatti, prima autrice dello studio – ci ha permesso di quantificare la velocità e l’entità dei cambiamenti climatici futuri e di confrontare l’esposizione delle aree protette rispetto alle aree non protette".
"I nostri risultati – continua Valerio Mezzanotte, primo autore dello studio – dimostrano che molte specie europee, già considerate a rischio, sono ristrette ad aree che potrebbero subire repentini cambiamenti climatici: tra queste ci sono specie iconiche, come la lince iberica, e specie meno note al pubblico, come la rana dei Pirenei."
La ricerca rappresenta un passo cruciale per rendere le aree protette a prova di rischio climatico, assicurando la definizione di una Rete Transeuropea della Natura (TEN-N) efficace anche in un contesto climatico in rapido cambiamento.