Evincere gli organi interni di un fossile di solito è un lavoro quasi impossibile per i paleontologi. La fossilizzazione, evento raro ed imprevedibile, data la particolare natura delle condizioni chimico-fisico necessarie, nella maggior parte dei casi, non conserva i tessuti molli e gli organi interni degli animali. Un fossile in particolare, ritrovato nel sud della Svizzera, oggi ci svela grazie al suo ultimo pasto la forma del suo intestino.
Studiato dai paleontologi dell'Università di Zurigo (http://www.uzh.ch/) un predatore del genere Saurichthys, pesce fossile del Triassico, dimostra di possedere un intestino a spirale simile a squali e razze. Questa scoperta riempe un gap di conoscenza sulla evoluzione del tratto gastrointestinale dei vertebrati.

Un team di ricerca internazionale, tra cui l'Università di Bonn descrive un mammifero enigmatico che è vissuto circa 165 milioni di anni e poi si estinse. Alcune strutture sui suoi denti rivelano una specializzazione negli alimenti vegetali. Con la sua soffice pelliccia, l'animale risultava essere tenero, ma sulle zampe posteriori, possedeva probabili difese tossiche o velenose. Nulla faceva pensare  all’identikit di un animale “carino”. I paleontologi dell’universita’ di Bonn, in Germania, hanno ricostruito le fattezze di un fossile pubblicato in uno studio su ‘Nature’. Hanno così descritto per la prima volta le fattezze di un mammifero vissuto 165 milioni di anni fa, il ‘Megaconus Mammaliaformis’. Tale fossile possedeva due denti davanti grandi e minacciosi e la corporatura simile a quella di un topo.  Finora la sola cosa che si conosceva di lui erano i denti dotati di poderose cuspidi, che portava ad una ricostruzione del suo aspetto ben piu’ minaccioso.

Una ricerca della Bristol University suggerisce che durante il Giurassico (165 milioni di anni fa) esistevano pesci ossei lunghi fino a 16 metri

Giganteschi pesci che si cibavano di plankton colonizzavano i mari di 160 milioni di anni fa, e che insieme ai Dinosauri sono scomparsi 65 milioni di anni fa, soppiantati successivamente dalle grandi balene e squali che si cibano ancora oggi di plankton marino. La domanda per gli scienziati era: Quanto grandi erano tali pesci giganti? Una nuova ricerca suggerisce che potessero avere dimensioni comprese fra i 12 ed i 16 metri.

Gli animali attuali che si cibano di plankton sono oggi i vertebrati  più grandi della Terra. La prima specie di pesce fossile simile a tali animali scoperta era un pesce chiamato “Leedsichthys” che viveva nel Giurassico medio circa 165 milioni di anni fa. Questa specie era una sorta di pioniere della nicchia ecologica oggi occupata dai mammiferi (balene) e dai pesci cartilaginei (mante, squali balena, ecc…) ma solo una dato era sconosciuto. Quali dimensioni tali specie raggiungeva? Questo almeno era la questione fino ad oggi rimasta insoluta.

Il professore Jeff Liston della University of Kunming in China e la University of Bristol’s School of Earth Sciences diccono: “ Le parti osse di Leedsichthys sono rare e male conservate. Tutte le stime fatte finora di dimensione o crescita erano approssimative e dedotte da ipotesi non supportate da dati. Sonop stati esaminati una vasta gamma di reperti, non solo le ossa, ma anche parti anatomiche conservate di resti molli, che mostrano strutture simili agli anelli di crescita, in modo da ricavare l’età dei vari reperti esaminati, e quindi ricavare dati correlati dimensione-età e stime di crescita”.

 

Embrioni fossili scoperti in Cina in rocce del cambriano medio e superiore, saranno utili nel comprendere se le teorie fino ad oggi proposte nello studio dell'embriologia comparativa sono attendibili.
L'embriologia comparativa si occcupa dello studio e nella costruzione di un modello filogenetico dei Metazoi, ma si basa sul presupposto che lo sviluppo dei Taxa attuali (dalla nascita al sviluppo completo dell'organismo) è il riassunto evolutivo del taxa e quindi dell'evoluzione dei suoi antenati (fossili).
La scoperta di embrioni fossili può essere la prova della validità di tale presupposto, e migliorare la comprensione dell'evoluzione nei diversi percorsi filogenetici.
I ricercatori XI-PING DONG, JIAN-BO LIU del dipartimento di Geologia di Pechino (Cina), PHILIP C. J. DONOGHUE del dipartimento di Scienze della Terra di Bristol (Inghilterra) e HONG CHENG del college di Scienze Naturali di Pechino (Cina) hanno descritto e pubblicato su Nature del 15 Gennaio 2004 una collezione di embrioni fossili ritrovati nei terreni del Cambriano Medio e Superiore (500 milioni di anni) di Hunan (Cina).
In questi fossili si è potuto osservare lo stadio di crescita di questi embrioni simili al verme vivente Scalidophora (phyla Priapulida, Kinorhyncha, Loricifera), che possedevano la particolarità di passare dallo stadio di uovo direttamente alla forma adulta, saltando la forma di larva.
Questi fossili sono stati chiamati Markuelia, e siccome i scalidophora sembrano imparentati con insetti e crostacei, questi fossili farebbero supporre che gli stadi evolutivi di questi ultimi (uovo > larva > adulto) siano comparsi più avanti nel tempo, e non prima come si supponeva fino ad Oggi.
Link approfondimento:
L'articolo su Nature.com




Autore: Nicola Cosanni

Trovato in Scozia il fossile dell'essere vivente più antico che camminava sulla Terra.

Edinburgo, Scozia (Gran Bretagna).

E' stata data la notizia che il fossile più antico trovato fino ad oggi che camminava sulla superficie terrestre è un millepiedi (Pneumodesmus newmani del Siluriano Medio).

E' datato a 420 milioni di anni fà (Wenlock superiore —Ludlow inferiore), ed ha battuto il record precedente che era di un altro insetto che era simile ad un ragno (miriapode) datato 400 milioni di anni fà!

Nulla di nuovo che il primo animale che corresse sulla superficie della terra primordiale fosse un insetto, ma la grande novità risiede nel fatto che 420 milioni di anni fà si pensava che la vita fosse relegata ancora completamente nel mare, o nell'acqua!

Link approfondimento:
Scala Geocronologica di dettaglio delle Ere Geologiche

I paleontologi del North Carolina State University hanno scoperto nell'attuale Colombia un fossile di tartaruga gigante delle dimensioni di una Smart, risalente al Paleocene (circa 60 milioni di anni fà). Il Fossile è stato descritto con il nome di Carbonemys cofrinii, che significa letteralmente Tartaruga Carbone, e fà parte della famiglia di tartarughe conosciute con il nome di Pelomedusoides. Il fossile è stato chiamato Carbonemys perchè ritrovato nel 2005 in una miniera di carbone, che è situata all'interno della formazione geologica northern Colombia’s Cerrejon formation.

Le misure del fossile sono rispettivamente di 24 cm di lunghezza per il cranio, mentre il carapace misura 172 cm di lunghezza, che è uguale alla altezza dello studente Edwin Cadena dottorando della NC State che ha scoperto il fossile. Cadena ha dichiarato che avevano ritrovato molti gusci di tartarughe piccole dal sito paleontologico, ma che dopo 4 giorni di lavoro per dissotterrare il gigantesco carapace si erano accorti che era il fossile più grande mai ritrovato in questa area e di questo periodo, dandoci la prova del gigantismo nei rettili di acqua dolce del Paleocene.

 

La foresta fossile di Gilboa è stata analizzata da un team di ricercatori del Regno Unito e degli Stati Uniti. E' stato possibile osservare un ecosistema forestale di 385 milioni di anni fà, che si è rivelato più complesso e diversificato di quanto si pensasse fino ad oggi, inoltre, dato che non và sottovalutato, la foresta fossile di Gilboa dovrebbe essere anche la foresta fossile + vecchia al mondo. La foresta fossile di Gilboa, che si trova nelle Montagne Catskill dello Stato di New York, fino ad oggi non era stata studiata accuratamente, come se fosse lasciata un pò in disparte, ma oggi, dopo la pubblicazione su Nature si conosce un pò di più su tale ecosistema svelandoci molti fatti particolari e nuovi.

Comunicato stampa del 31 dicembre 2011
“Dai dinosauri ai calanchi”.
Mostra scientifico-didattica presso l’Auditorium S. Agostino ad Atri (TE).
L’Associazione ANTEO (Associazione Natura Terra E Oceano) di Pescara, in collaborazione con la Riserva Naturale Regionale Oasi WWF “Calanchi di Atri” e con il patrocinio del Comune di Atri organizza la mostra dal titolo “Dai dinosauri ai calanchi”, che si terrà dal 2 al 6 gennaio 2012 presso l’auditorium S. Agostino di Atri, tutti i pomeriggi dalle 16 alle 20.

"They say the sea is cold, but the sea contains the hottest blood of all,
and the wildest, the most urgent."
"Whales Weep Not!" D.H. Lawrence (1885-1930)

Gli abissi marini sono stati spesso comparati con un deserto in cui solo occasionalmente si trovano delle oasi - campi idrotermali in cui sorgenti di acqua bollente offrono abbastanza energia da alimentare un ecosistema, oppure le carcasse in decomposizione di grandi animali marini.
I processi tafonomici in mare aperto differiscono notevolmente da quelli osservabili vicino alla costa o in acque poco profonde - anche se purtroppo ancora poco si conosce sui fattori che li influenzano - soprattutto se si tratta di gigantesche carcasse, come ad esempio quelle di balena. Si presume che la decomposizione di un corpo cosi grande è influenzata in una prima fase dalla profondità della colonna d´acqua e dalla pressione idrostatica, due fattori che influenzano il tempo in cui la carcassa galleggia sull´acqua. Una volta raggiunto il fondo, la decomposizione della balena segue una sequenza generale con diverse ondate di animali spazzini e saprofagi. La carne è rapidamente rimossa da grandi animali, come ad esempio gli squali. I resti, come tessuto adiposo e cartilagine, sono colonizzati più lentamente da organismi che si cibano sia dei resti organici che dal denso tappeto di batteri che si sviluppa su di essi. Dopo alcuni mesi rimangono solo le ossa, anch´esse sono colonizzate da una comunità di specie molto interessanti e adattate all'ambiente estremo composto principalmente da batteri, molluschi e policheti.

Il titolo lasciava presagire un confronto infuocato. Ma a voler pensar male, a volte si sbaglia. “L'evoluzione biologica: fatti e teorie. Una valutazione critica 150 anni dopo ‘L'origine delle specie’”, ovvero il convegno internazionale organizzato a Roma dal 3 al 7 marzo dalla Pontificia Università Gregoriana, non ha lasciato spazio a dubbi. La Chiesa cattolica ha respinto in maniera categorica il creazionismo e l’intelligent design come alternative scientifiche all’evoluzione.

 

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