«In particolare, la proteina E, ancora non particolarmente studiata nelle sue caratteristiche di azione, e presente in tutti i coronavirus ed è caratterizzata da un basso tasso di mutazione – spiega il prof Tito Calì, del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova e correspondig author della ricerca -. Il nostro studio si è focalizzato quindi sulle proteine E ed M di SARS-CoV-2, ed è emerso che esse giocano ruoli diversi nel meccanismo di produzione delle particelle virali all’interno della cellula. Abbiamo inoltre prodotto, purificato e testato specifici anticorpi piccolissimi chiamati nanobodies in grado di modulare l’attività della viroporina E andando così a modificare il meccanismo patologico che, nella cellula, permette la proliferazione del virus». «Questo studio, oltre a permettere una maggiore comprensione dei meccanismi molecolari attraverso cui queste proteine interferiscono con i processi cellulari suggerisce che la proteina E potrebbe essere un importante candidato terapeutico non solo per lo sviluppo di nuovi vaccini, ma anche per la gestione clinica del COVID attraverso regimi farmacologici mirati contro la sua funzione che, ad oggi, sono molto limitati». conclude la prof.ssa Marisa Brini, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e coautrice dello studio.
Lo studio, finanziato dal fondo “Emergenza COVID 19” dell’Università di Padova è stato svolto dalla Dr.ssa Elena Poggio (DiBio), dalla Dr.ssa Francesca Vallese (Columbia) e dal Dr. Andreas Hartel (Columbia) in collaborazione con ricercatori della Columbia University di New York e della Technical University of Darmstadt, in Germania e coordinato dal Prof Tito Calì del DSB e dalla Prof. Marisa Brini del DiBio.